i decanisti non vedevano l'ora
De Canio, ma non era colpa tua? di Diego Frigino Mar, 23/08/2011 - 09:46
Luigi De Canio, per "alcuni" il male dell'Us LecceEra l’uomo dei sassi e come tale per un biennio è stato lapidato. Era l’origine di tutti i mali, a turno un incompetente, presuntuoso, nella migliore delle ipotesi “in confusione”. Ma era anche molto altro: era quello che faceva le formazioni per “mandare messaggi” alla Società, quello che “si divertiva” a schierare giocatori fuori ruolo, piuttosto che scegliere tra le riserve del ruolo stesso, quello che “umiliava” i calciatori, relegandoli alla panchina o alla tribuna, quello che non era stato capace di valorizzare e sfruttare quell’immenso talento calcistico che risponde al nome di Nacho Piatti. Insomma, ancora oggi ci si chiede come sia stato possibile stravincere per la prima volta nella centenaria storia della nostra gloriosa maglia il campionato di serie B e successivamente salvarsi con una giornata d’anticipo e con 41 punti in serie A. Probabilmente se non ci fosse stato lui, avremmo vinto la B con 100 punti e saremmo arrivati ai preliminari di Champions League senza troppi problemi.
E pensare che nel frattempo, tutti coloro (e non erano certamente pochi) che difendevano le scelte del mister e il gioco propositivo che proponeva, indicavano altrove le responsabilità di alcune scelte apparentemente azzardate. C’era chi, andando oltre la cortina di fumo sapientemente gettata attorno alla squadra dalla proprietà in primis e dalla “voce della proprietà” in secundis, aveva intuito che molte di quelle scelte non erano messaggi, non erano sonnolenze prolungate, non erano scelte sconclusionate di un uomo in confusione, ma erano il disperato tentativo di coprire un materasso di 10 mq con un lenzuolo di 3 mq.
In fondo è sempre la solita storia. A Lecce, ma in generale in tutte le piazze calcistiche, il tifo si divide sempre tra chi addossa responsabilità su squadra e tecnico difendendo le società e chi invece individua nella proprietà le cause di annate storte, assolvendo così gli interpreti sul campo.
Allora anche in questo caso, cerchiamo di andare oltre le impressioni soggettive, i propri pregiudizi, le proprie simpatie o antipatie, ed analizziamo bene la situazione. Prendiamo alcune tra le più feroci critiche rivolte a De Canio, decontestualizziamole e ricaliamole nella realtà amarissima che abbiamo dovuto affrontare nella serata di coppa Italia.
ERNESTO JAVIER CHEVANTON
Iniziamo con il grande assente di ieri. Il più grande giocatore del Lecce di tutti i tempi era ritornato lo scorso anno con la speranza di rilanciare la propria carriera (smorzata da problemi fisici e non certo da limiti tecnici) e di contribuire a suon di gol alla salvezza del Lecce.
Il rapporto tra il giocatore ed il tecnico non è stato mai idilliaco, ma nonostante questo e nonostante gli evidenti limiti fisico/atletici palesati, la Piazza amava moltissimo l’uruguaiano, al punto da suggerire a qualcuno di usare Chevanton e sfruttare qualche incomprensione col tecnico proprio per rivoltare la piazza contro De Canio. Secondo costoro, il mister umiliava e “non vedeva” il campione sudamericano per chi sa quale pregiudizio o incapacità nel riconoscerne le qualità.
Peccato che nell’esordio in Coppa Italia in campo non c’era… e per dirla tutta non c’era neanche in panchina o in tribuna. Non c’era perché qualcuno aveva deciso che non serviva più o che comunque non era utile alla causa. Peccato che questo qualcuno non si sia ancora capito bene chi fosse (visto che nessuno ha avuto il coraggio di assumersi pubblicamente la responsabilità di questa scelta), ma certamente non era De Canio. Peccato che grazie anche a come De Canio ha gestito il calciatore, alla fine lo scorso anno è riuscito davvero ad essere importante per la salvezza dei salentini (le reti di Parma e contro il Napoli hanno pesato ben oltre i 4 punti che ci ha regalato) e peccato infine che il giocatore ha dovuto accontentarsi di una sistemazione in Sudamerica, visto che nessun club europeo di massima categoria si è interessato alle sue prestazioni… chi sa chi aveva ragione…
NACHO PIATTI
Arrivato a Lecce come il “gran colpo” della passata campagna acquisti, non fu certamente seguito e segnalato da De Canio. L’importanza dell’investimento però suggeriva al mister la necessità di trovare un impiego in pianta stabile nella formazione, proprio per garantire alla squadra qualità e alla società nel tempo una buona plusvalenza.
Naturalmente il tecnico materano non ci ha impiegato molto tempo a capire chi fosse in realtà Piatti e probabilmente l’azione che descrive meglio di tutte nel bene e soprattutto nel male l’argentino è quella scellerata serpentina del San Paolo, costataci ben 3 punti. Da allora Piatti ha dato il suo importante contributo alla causa soprattutto dalle sedie della panchina o della tribuna, alimentando però ad ogni sconfitta il fuoco dei filosofi del calcio, che accusavano De Canio di aver rovinato anche psicologicamente un giocatore di talento.
Domenica 21 agosto 2011, dopo un precampionato in cui tutti si sono affrettati a dire che questo sarebbe finalmente stato l’anno di Piatti, dopo il cambio tecnico e dopo tutta la fiducia che finalmente avrebbe dovuto sentire addosso, ecco che abbiamo rivisto semplicemente lo stesso Piatti di sempre. Anzi, se possibile perfino peggio.
I GIOCATORI FUORI RUOLO E MESSAGGI NASCOSTI ALLA SOCIETA’
[Peppe Vives, il jolly di fiducia] Peppe Vives, il jolly di fiduciaUno dei cavalli di battaglia della “teoria dello stato confusionale” erano i giocatori schierati fuori ruolo. De Canio è stato letteralmente massacrato per più di un anno ogni qual volta inseriva un Giuliatto centrale, piuttosto che un Vives terzino destro e così via. “Ma come, abbiamo Diamoutene in quel ruolo”… o ancora “Vives terzino destro non si può proprio vedere”, “Mesbah esterno basso è sprecato”, per non parlare poi di Giacomazzi centrale difensivo… anzi qualcuno lo accusava perfino di lanciare “messaggi indiretti” alla società sulle spalle e sulla pelle del tifoso salentino.
E così mentre tutti erano impegnati a cercare lo psicologo più adatto alle follie del tecnico lucano, nessuno si accorgeva che quelle scelte apparentemente sconclusionate erano obbligatorie, dal momento che la società non aveva per tempo provveduto a garantire adeguata copertura nei vari ruoli.
Se non hai un’alternativa pronta come esterno di difesa, cerchi di adattare qualcun altro. Se non hai centrali di categoria in panchina, cerchi di riciclare un buon esterno, e così via.
Il Lecce targato Di Francesco ha chiuso l’esordio in coppa con Giacomazzi e Tomovic centrali, Mesbah esterno basso a sinistra e Brivio esterno destro, eppure De Canio probabilmente sarà stato comodamente sdraiato sulla poltrona di casa sua a circa 150 km di distanza… sarà stato un messaggio subliminale anche questo, o semplicemente l’unico denominatore comune tra lo scorso anno e questo è la società?! Le risposte sono sempre più semplici di quanto uno si aspetti: se non si viene messi in condizione di avere elementi di ruolo e di affidamento, tutti gli allenatori si adattano con quello che hanno, esponendosi alla piazza per conto terzi e senza bisogno di andare a scomodare Freud.
Non sono da addossare pertanto troppe responsabilità a Di Francesco, le cui uniche colpe probabilmente sono quelle di aver accettato un incarico ad altissimo rischio per il solo desiderio di provare a confrontarsi per la prima volta da allenatore con la massima categoria. L’ultima volta che è stato così l’allenatore si chiamava Gregucci e purtroppo ricordiamo tutti molto bene come finì lui e come finimmo noi. Inizia a farsi strada l’impressione che il mister pescarese non si sia preventivamente reso conto fino in fondo in che realtà si stava andando a cacciare e in che momento storico difficile stava scegliendo l’azzardo dell’esordio in serie A. Nel frattempo rassegnamoci tutti all’elemosina di fine mercato, nel disperato tentativo di arrabattare fuori dal ristorante del calciomercato, gli scarti degli opulenti tavoli altrui…
pianetalecce
_________________ Siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualunque ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo
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