Pensieri sparsi copiati e incollati dal taccuino di Venezia-Lecce 1-0
La speranza era quella di ritrovare il Lecce in laguna. Lo avevamo detto e auspiscato in fase di presentazione. Nulla di tutto questo. Il Lecce delle dieci vittorie esterne è salito su una gondola e si è ritrovato in mare aperto. In balia di se stesso. Non sapendo più come domare i flutti su cui prima navigava sicuro. Domava il vento. Ora quello stesso vento lo ha prima allontanato dalla promozione diretta e ora sembra essere ancora troppo vigoroso per cullare sogni di gloria. Il piano di Corini appare oggi chiaro e opinabile: fare sfogare una squadra che fa della veemenza la sua forza, e poi colpirla durante il suo fisiologico e classico calo alla distanza. Ma la prima idea ha intimorito la squadra e la seconda è stata totalmente improduttiva.
Eppure. Eppure se c’è un solo e unico dato positivo della semifinale di andata è il risultato numerico. Che poi è il vero rammarico (che confina con la presunzione) del Venezia. La sconfitta di misura tiene in vita la semifinale di ritorno. Le conferisce senso. E tiene in vita il passaggio del turno.
Basteranno tre giorni per trovare un Lecce diverso? Probabilmente no. Perché ci aspettavamo pile ricaricate già ieri. E se non si sono ricaricate in dieci giorni non lo faranno durante il volo che riporterà i giallorossi in salento. Fra tre giorni potremmo solo trovare interpreti diversi. Henderson, Pettinari e Rodriguez potrebbero far nuovamente assomigliare il Lecce a quello che fu. Sono rimasti appena 90 minuti per farlo.
scritto da Diego Consales- Caporedattore leccesidentro.it
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