Lecce in vendita. In campo i salentini Barone e Ingrosso
Vengo anch’io. Tutti insieme, appassionatamente. Perché il Lecce si riprenda la sua storia. Perché torni ad essere amplificatore delle potenzialità economiche del Salento. Il Lecce che gira e l’indotto, non solo pallonaro, che tira intorno. Ci sono due potenziali acquirenti della società giallorossa. Con due storie imprenditoriali diverse alle spalle, ma la stessa passione per lo sport e per il Lecce. Il primo è Marcello Barone, il secondo Giovanni Ingrosso.
Barone ha una sua idea della funzione del calcio nella società. Ha vinto con il Maglie, ha vinto campionati e portato il Gallipoli in serie D e sa cosa significa. «Ho speso tanto, ma in cambio ho avuto una ricaduta economica interessante per la mia azienda. I confini si sono allargati all’intera provincia e anche oltre». Parola del re della mozzarella. Ne parla con entusiasmo, Barone, dal suo caseificio sulla Alezio-Gallipoli. Con lui c’è il fratello Antonio. Inseparabili nelle felici avventure pallonare. Il Lecce lo tenta, ora che Tesoro ha deciso di smettere. «L’idea di entrare in una cordata di imprenditori salentini che ragionano come me, e prendere insieme la società giallorossa mi stimola molto. Mi piacerebbe provarci. Io sono qui. Posso portare il mio contributo economico e anche la forza di essere un imprenditore ed un presidente vincente. Sino ad oggi ho vinto sempre. Magari sono anche uno fortunato. E allora può essere utile anche la mia fortuna». E uguale “chiamata” alle armi arriva da Lecce, dal re delle carni, Giovanni Ingrosso, una vita intensa di lavoro nell’alimentare, fra l’azienda “Lic” (Lavorazioni ingrosso carni) con sede a Lizzanello e i suoi ristoranti nel capoluogo. Il cuore saldamente in tribuna, a battere per il Lecce «nella buona e nella cattiva sorte» racconta lui, che sostenne i Iurlaro prima e i Semeraro poi. «Io ci sono - dice - sono pronto a investire, ma in questa città si parla sempre troppo e quando arriva il momento di mettere denaro sul piatto si tirano tutti indietro». Amareggiato, quasi disilluso, ma ancora convinto che investire nel Lecce valga la pena: «Chi è interssato si faccia avanti, creiamo questa cordata e riprendiamoci la società». Più facile a dirsi che a farsi, con la crisi e una generale ritrosia a investire su una squadra di Lega Pro. Bisogna avere il denaro in cassaforte e il cuore giallorosso. «Facciamo una riunione - propone Ingrosso - e vediamo chi è disposto a fare cosa. Perché il Lecce non si compra con le chiacchiere. Anche se i Tesoro lo regalassero, ci vorrebbero comunque risorse per portarlo avanti e rispettare le regole del gioco, tenendo conto che i tifosi sono esigenti».
Due voci, due solide imprese: il dado è tratto. Si cercano altri aspiranti “consoli” dello sport. Non “ricchi scemi”, come una volta venivano chiamati certi presidenti nel calcio. Ingrosso e Barone hanno le idee chiare. «Io da solo? - chiede l’imprenditore caseario - Credo di avere il senso della realtà. Non avrei le forze per agire in esclusiva. Né potrei mettere a rischio la mia azienda. Io so, per averlo provato, che il calcio è un efficace veicolo pubblicitario. E investirei quella grossa fetta di spesa che mi comporta la pubblicità aziendale. So già che ne avrei un gran ritorno d’immagine. Se siamo in tanti a ragionare in questo modo, si può fare». Sogna in grande, Barone: «Auspico la nascita di un movimento Salento, che ruoti attorno a società di calcio capaci di produrre indotto. Un grande Lecce, ma anche opportunità serie a Gallipoli, a Casarano, a Nardò, a Maglie. Tanti punti di riferimento, con attenzione ai campi di calcio, ai giovani. Quando Semeraro investiva nel settore giovanile del Lecce, in provincia fu tutto un proliferare di scuole calcio. È il calcio che produce, che alimenta la crescita di un territorio». Bisogna soltanto crederci. Quotidiano di Lecce
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