CIRO E MICHELE, 26 ANNI DOPO SONO ANCORA I NOSTRI EROI Il 2 dicembre del 1983 morirono due calciatori diventati da allora vere e proprie bandiere del tifo. Perché la loro scomparsa li ha resi puri, immuni dalle evoluzioni di un calcio malato di soldi
Ciro e Michele, per sempre. Ci lasciarono il 2 dicembre del 1983, Ciro Pezzella e Michele Lorusso. Il destino si diverte a scrivere pagine forti, a volte. Li uccise la paura dell’aereo. Dovevano andare in trasferta a Varese, ma non seguirono i compagni di squadra. Scelsero il treno, e per arrivare alla stazione di Bari, l’auto. Lo schianto nella pioggia, all’altezza di Mola, è ormai cronaca passata, dolore stratificato. Ma da quel giorno, i loro nomi hanno attraversato le stagioni, fra salti di categorie e retrocessioni, e fra molti altri uomini che, con la maglia a strisce gialle e rosse, hanno lasciato a loro volta un segno indelebile nella storia sportiva locale. Eppure, loro dovevano avere qualcosa in più, qualcosa che mette i brividi ancora oggi, dopo 26 anni, anche a chi li ha conosciuti solo di sfuggita, da piccolo, attaccando i loro volti sull’album delle figurine, quelle piccole, delle squadre di serie B, e ascoltando i commenti dei papà.
E deve essere qualcosa che trascende il calcio stesso, lo sport in generale, per diventare un messaggio universale, quello che lasciano solo le bandiere. Non è, infatti, per un particolare estro, che si sono distinti, non erano giocolieri, ma arcigni difensori di categoria, di quelli che non porgevano l’altra guancia, e non hanno collezionato imprese da sogno, in carriera. Quelle, ci dice la storia, le avrebbero raggiunte altri giocatori. E allora, cos’è questa cascata nell’anima? Il rinnovo di un affetto così grande nasce da dentro, è trasversale, supera i tempi e le generazioni di tifosi, diviene eternità. Chi ama il calcio, a Lecce, ama ricordare Ciro e Michele. Perché sono rimasti puri.
Semplicemente.
La loro scomparsa diviene così simbolo di uno sport che non c’è più, quello dei pesanti palloni di cuoio, e non dei moderni ritrovati in sintetico che volano soffiandoci sopra. Ciro e Michele sono puri perché non sono stati inghiottiti nelle spire del calcio moderno. Non li ha toccati l’avidità, non sono mai apparsi sulle tv a pagamento, non fanno parte delle nuove leve, i ragazzi in prestito con le formule più astruse che a capirle ci vuole un commercialista e che cambiano casacca anche due volte l’anno. Sono rimasti immuni dalle evoluzioni di un calcio sempre più affamato di denaro e malato di vanagloria. E non hanno avuto neanche il tempo di osservare con i loro occhi questa metamorfosi, insieme ad altre stomachevoli situazioni, che hanno allontanato tante, troppe persone, da quel meraviglioso gioco che consiste nel prendere a calci una palla. Ciro e Michele, due bandiere e due uomini veri, che in campo mettevano il cuore e che dopo 90 e più minuti di lotta, non uscivano soltanto con una maglia sudata. Uscivano con la maglia del Lecce sudata. E c’è una bella differenza. Ecco perché Ciro e Michele, 26 anni dopo sono ancora i nostri eroi.
Semplicemente.
io che ho 18 anni e non li ho potuti conoscere rabbrividisco e mi commuovo leggendo questo articolo. CHE IL VOSTRO RICORDO SIA SEMPRE DA ESEMPIO...GLI ANNI PASSANO GLI ULTRAS NON DIMENTICANO
_________________ PER LA MIA MAGLIA PER LA MIA CITTà,MAI PER QUESTA SOCIETà!
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